Un gioco per imparare il Medioevo

Come la gamification può aiutare la ricerca storica e la didattica.

Arturo Iannace | ricercatore in storia medievale, Scuola IMT Alti Studi Lucca
L’incoronazione di Carlo Magno nel dipinto realizzato nel 1861 da Friedrich Kaulbach

È possibile usare le regole di un gioco per studiare la storia, comprendere più a fondo il funzionamento di una società e di un sistema politico? Il gaming, uno strumento utilizzato in molti ambiti della didattica, può dare un contributo significativo anche alla ricerca storica e alla sua divulgazione: introdurre insomma il pubblico non specialista a una conoscenza più approfondita della storia. Soprattutto nel mondo anglosassone, questo approccio è molto utilizzato, e ha già iniziato a dare i suoi frutti, accompagnato da una letteratura scientifica in continuo ampliamento, mano a mano che le frontiere di applicazione si espandono, e le domande aumentano. È stato tenendo a mente queste considerazioni, e combinando l’interesse per l’applicazione del gaming alla storia con quello per lo specifico periodo storico trattato, che si è deciso di procedere con l’ideazione di un modello di gioco che possa ‘mostrare’ ai suoi giocatori il funzionamento del sistema politico esistente nel tardo Impero carolingio (comprendente all’incirca la seconda metà del IX secolo).

Giocare ai feudatari

Prima di tutto, un passo indietro: quando si parla di ‘sistema politico medievale’, cosa s’intende? Il primo pensiero di molti (e non solo dei non addetti ai lavori!) va a quello che viene convenzionalmente chiamato ‘sistema feudale’. Per la sua centralità nella storia medievale e nella ricerca medievistica, il sistema feudale non è sicuramente sfuggito all’attenzione del mondo del gioco. Tra i videogiochi, uno dei migliori esempi di divulgazione storica sul sistema feudale (qui volutamente inteso in senso generico), sia per diffusione che per qualità del risultato raggiunto, è la serie Crusader Kings (ormai giunta alla terza edizione). Ma neppure il gioco da tavolo è rimasto estraneo alla sfida: giochi commerciali come Fief 1429 (in ben due edizioni) e, in misura forse minore (e geograficamente e cronologicamente più circoscritta), Medieval Conspiracy, hanno cercato di dare un ‘assaggio’ ai propri giocatori di come potesse funzionare un sistema feudale.

Confusioni storiche

Eppure, il Medioevo non è solo feudalesimo, e a essere rimasto escluso dall’interesse commerciale, e anche da quello specialistico come possibile ambito di applicazione del gaming, è stato proprio quel sistema politico che non solo ha preceduto il feudalesimo come lo conosciamo, ma che ne ha anche, in parte, creato i presupposti: il sistema politico dell’Impero carolingio. Troppo spesso feudalesimo e Impero carolingio vengono ancora confusi, soprattutto nelle scuole. Chi non ricorda la prima apparizione della (peraltro mai esistita) ‘piramide feudale’ proprio quando si parlava di Carlo Magno e dei suoi successori? O ancora: la prima apparizione sul manuale scolastico di ‘duchi’, ‘conti’, e ‘marchesi’, vera e propria ‘triade magica’ del feudalesimo scolastico? Nulla di più lontano dalla realtà storica. Decenni di ricerca e dibattito storiografici hanno contribuito a illuminare il funzionamento dell’Impero carolingio, e a mostrare come sia sbagliato considerarlo il luogo (e il tempo) in cui sia apparso il feudalesimo ‘classico’ per la prima volta. Il sistema politico carolingio e tardo carolingio, in particolare, si fondava su presupposti in parte divergenti da quelli del sistema feudale che si svilupperà nei secoli seguenti. Alcuni di tali presupposti possono essere trasposti all’interno di meccaniche di gioco specifiche, che possono così andare a costituire lo scheletro per un vero e proprio gioco che ne descriva il funzionamento, e che possa essere usato anche a fini di ulteriore ricerca e affinamento dell’analisi. Quali sono questi presupposti?

Le regole del gioco

  • La relazione con il sovrano, fondamentale veicolo per la preservazione, l’incremento, e la trasmissione del potere dei singoli membri dell’élite carolingia attraverso l’assegnazione di cariche e titoli. In altre parole, ogni membro dell’élite carolingia, qualora avesse voluto preservare la propria posizione, aveva bisogno di mantenersi vicino (spesso anche letteralmente) al sovrano.
  • Collegato al punto precedente: l’importanza di avere sovrani ‘a disposizione’, che potessero offrire legittimamente cariche, titoli ed onori ai membri dell’élite.
  • Tanti regni, un solo impero: nonostante l’esistenza di differenti sovrani (si pensi ai ben conosciuti Carlo il Calvo, Ludovico il Germanico e Lotario, i figli di Ludovico il Pio) resta l’idea di un solo impero (e un solo imperatore).
  • La legittimazione dinastica: non tutti possono essere re, bensì solo i membri della dinastia carolingia. Quando questo rapporto diretto tra la regalità e la dinastia verrà meno (alla fine del IX secolo), verrà meno anche l’unità imperiale, ed inizieranno a nascere i regni dell’Europa feudale che tutti noi conosciamo (Francia; Sacro Romano Impero; etc…).

Ovviamente, questi quattro punti non ambiscono a essere esaustivi. Ogni sistema politico è una struttura estremamente complessa, sfaccettata, e variegata a seconda dei tempi e luoghi in cui si realizza, e il sistema politico carolingio non fa eccezione. Tuttavia, essi costituiscono presupposti sufficienti affinché si possa costruirvi sopra una meccanica di gioco. I requisiti ci sono tutti: più giocatori in costante interazione tra di loro (i vari sovrani carolingi e post-carolingi); regole valide per tutti, e che finiscono per determinare le dinamiche del gioco stesso (la necessità per i nobili di avere ‘spazio’ il più vicino possibile ai sovrani, e dei sovrani di avere a disposizione il maggior numero di nobili possibile, onde mantenerne il consenso); un obiettivo comune, la corona imperiale (e la necessità, pertanto, di mantenere intatto l’impero il più possibile, nonostante gli scontri tra i contendenti).

A differenza delle meccaniche di gioco fondate su un sistema feudale ‘classico’, la risorsa chiave non è più il territorio (secondo l’equazione che più territorio si possiede, più si è potenti), né ovviamente la moneta, bensì i differenti membri della stessa élite carolingia, con la capacità di attrarli e mantenerli a sé, nonché di ‘usarli’ nella maniera più efficiente (e meno rischiosa) possibile.

Cambia la ricerca? Cambia anche il gioco

Tutte queste dinamiche sono realizzabili, ovviamente, sia sotto forma di videogioco sia di gioco da tavolo. Quest’ultima opzione gode, però, di un vantaggio non trascurabile, qualora si voglia utilizzare il gioco come strumento per la ricerca e l’analisi, soprattutto da parte di studenti universitari e specialisti, ma non solo: la possibilità di essere modificato agilmente. Modificare le meccaniche di gioco equivale infatti al decidere di porre in rilievo un elemento, piuttosto che un altro. In altre parole, nel momento in cui il giocatore/studente propone una modifica al gioco, si sta ponendo nella stessa posizione dell’autore e, proprio come l’autore, sta proponendo una propria lettura e interpretazione dell’argomento trattato, frutto del proprio lavoro di apprendimento. Per fare un esempio riprendendo il tema del gioco qui proposto, e cioè il sistema politico tardo-carolingio, un giocatore potrebbe ritenere che sia più importante enfatizzare le relazioni tra gli aristocratici carolingi ed i territori sui quali esercitavano la propria giurisdizione e nei quali godevano di rapporti di preminenza. O ancora, un altro giocatore potrebbe ritenere che gli effetti delle incursioni vichinghe, che pure tanta parte giocarono nella storia dell’Impero, siano state indebitamente trascurate, proponendo così una meccanica che le introduca nel gioco. E così via.

Tutto questo discorso è soltanto un esempio, a sua volta, di quanto potente possa essere lo strumento gioco, quando lo si combini con gli scopi e gli strumenti della ricerca storica.

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