L’abbandono scolastico rappresenta un fenomeno complesso, che coinvolge una serie di variabili ambientali, sociali e psicologiche. Il gruppo di ricerca MoMiLab della Scuola IMT, in collaborazione con il Neuroscience Lab di Intesa Sanpaolo Innovation Center, ha condotto un innovativo progetto di ricerca applicata sul tema della dispersione scolastica, che ha coinvolto 13 scuole secondarie di secondo grado di Lucca e Torino, raccogliendo le risposte di 2.646 studentesse e studenti. Lo scopo principale del progetto è stato indagare gli indici di disagio psicologico più comunemente associati all’intenzione di abbandonare gli studi: le difficoltà nella socializzazione, i comportamenti contro le norme sociali e i disturbi dell’attenzione sono risultati fattori di rischio centrali.
L’abbandono scolastico, tuttavia, coinvolge molte altre variabili ambientali, sociali e psicologiche. Oltre ai fattori individuali, riguardanti la personalità, i comportamenti, la salute e la vita psicologica dell’individuo, sono state raccolte misure sui fattori che coinvolgono l’ambiente familiare, scolastico, e in generale il contesto di vita della persona. Si tratta di dati di interesse demografico e sociale, che permettono di inserire il progetto nella più tradizionale linea di ricerca sulla dispersione scolastica.
Un effetto di genere?
I dati raccolti nel corso dell’indagine mostrano un trend che segna una asimmetria di genere coerente con la letteratura sul tema dell’abbandono scolastico: i ragazzi manifestano un’intenzione di abbandonare gli studi significativamente maggiore rispetto a quella indicata dalle ragazze intervistate. Camilla Borgna e Emanuela Struffolino hanno approfondito le differenze tra generi in un loro articolo del 2016 sulla rivista Social Science Science Research. Nel loro lavoro, Pushed or pulled? Girls and boys facing early school leaving risk in Italy, emerge che ragazzi e ragazze abbandonano la scuola per ragioni diverse. Tra i fattori principali, per esempio, c’è il mercato del lavoro, che offrirebbe più opportunità ai ragazzi rispetto alle ragazze.
Un ulteriore elemento legato alla socializzazione dei generi riguarda la coscienziosità, un tratto di personalità che riflette l’organizzazione, la responsabilità, e l’osservazione delle regole, e che è fortemente correlato alla diligenza e all’affidabilità. Questo tratto di personalità è più frequentemente riscontrato nelle ragazze rispetto ai ragazzi, ed è considerato un fattore che contribuisce a una performance scolastica più gratificante. Anche nel nostro campione si riscontra un più alto punteggio di coscienziosità nelle ragazze, e, per l’appunto, si evidenzia anche una significativa correlazione tra coscienziosità e autoefficacia a scuola. Ovvero, le persone con alto livello di coscienziosità tendono ad avere una maggiore fiducia nelle proprie capacità di affrontare con successo le sfide scolastiche.
Infine, al di là dei voti, ci sono altri fattori che spingono i ragazzi lontano dalla scuola, ovvero i problemi disciplinari, che anche nel nostro campione si manifestano in forte asimmetria. Su un totale di 2647 soggetti intervistati, 93 sono i ragazzi che indicano di essere stati sospesi da scuola o comunque espulsi dall’aula durante le lezioni, contro un numero di ragazze nettamente inferiore. Un ulteriore dato emerso dal nostro studio riguarda le persone che non si riconoscono nel genere maschile o femminile, o che preferiscono non dichiarare il proprio genere. Si tratta del sottocampione demografico che non solo manifesta punteggi di intenzione all’abbandono più alti rispetto agli altri, ma anche maggiori segnali di stress psicologico. È necessario che la ricerca futura si concentri anche sulla possibilità di intervento per garantire il benessere scolastico a questi gruppi.
Il tema della nazionalità
Negli ultimi anni, le scuole italiane hanno rispecchiato l’evolversi della società, accogliendo una maggiore diversità culturale ed etnica. I dati da noi raccolti fotografano questa multiculturalità: sono 189 le cosiddette prime generazioni, ovvero rispondenti con stato di nascita diverso dall’Italia (età media di arrivo in Italia quattro anni), e 443 le seconde generazioni, ovvero persone nate in Italia da almeno un genitore straniero. 308 sono infine i soggetti che hanno indicato di essere di madrelingua non italiana.
La vita delle prime e seconde generazioni è diversa da quella di chi è nato/a in Italia da famiglia italiana. Ragazzi e ragazze di questo sottocampione riportano infatti una qualità della vita inferiore e uno stato socioeconomico più basso. Anche la vita scolastica risulta essere molto diversa tra questi gruppi, a parità di atteggiamento verso la scuola (anzi, tra le prime generazioni riscontriamo un apprezzamento per la scuola leggermente maggiore), le prime e seconde generazioni soffrono una minore autoefficacia e aspirazioni scolastiche inferiori, variabili strettamente correlate tra loro e con il rischio di abbandono scolastico. Ulteriori fattori di svantaggio per le prime e le seconde generazioni sono le relazioni sociali: specularmente, riscontriamo tra loro un maggior punteggio di isolamento e un minore indice di qualità della vita sociale.
Il gruppo di ricerca guidato da Dora Bianchi dell’Università La Sapienza di Roma ha condotto proprio di recente uno studio su prime e seconde generazioni di migranti internazionali, appartenenti a fasce sociali poco abbienti. Spesso vittime di emarginazione, la ricerca mostra come il supporto e l’accettazione dei compagni e delle compagne di classe sia un fattore determinante nel proteggere la motivazione e l’autostima di studenti e studentesse immigrate e, in ultima istanza, contrastare il rischio di abbandono, un risultato promettente per le implicazioni su eventuali programmi di prevenzione.
Le barriere economiche
La maggior parte degli studi sulla dispersione scolastica si sono focalizzati sul tema dello stato socioeconomico, mettendolo in luce come fattore determinante dei percorsi educativi. Uno dei concetti chiave in questo contesto è quello dell’ascensore sociale, ovvero la possibilità per gli individui di migliorare la propria posizione sociale ed economica attraverso l’istruzione e il lavoro. Tuttavia, l’efficacia dell’ascensore sociale è spesso ostacolata da disuguaglianze radicate, che si manifestano già nelle prime fasi del percorso scolastico.
Una ricerca del 2017 sulla popolazione laureata ha individuato che il gap più grande tra laureati/e e non rimane determinato dalla classe sociale, con una netta differenza tra figli e figlie di genitori laureati che lavorano nel terziario e figlie e figli di genitori non scolarizzati appartenenti alla working class. Questa disparità si riflette nelle opportunità educative e nelle aspirazioni accademiche, influenzando profondamente le probabilità di successo scolastico e la propensione all’abbandono.
Uno studio guidato dalla ricercatrice Carmen Aina si è poi concentrato sull’immigrazione tra il meridione e il settentrione, esaminando i percorsi educativi delle persone nate tra il 1979 e il 1995. I risultati hanno evidenziato che chi nasce da genitori emigrati al nord ha maggiori probabilità di abbandonare la scuola rispetto a figli e figlie di nativi del settentrione. Tuttavia, le differenze economiche tendono ad assottigliarsi a partire dagli anni 2000, riducendo il gap nel tempo. Anche nel nostro campione si è visto che non solo le categorie più a rischio, come le prime e seconde generazioni, sono contraddistinte da uno stato socioeconomico più basso, ma che lo stesso stato socioeconomico è fortemente correlato all’intenzione di abbandonare gli studi. In particolare, uno stato socioeconomico basso è correlato a basse aspirazioni accademiche. Molti giovani appartenenti a queste classi sociali sentono che i licei, così come l’università, non sono ambienti adatti a loro, percependo una distanza culturale e sociale che rende difficile immaginare un futuro in tali contesti.
Questa situazione evidenzia la necessità di interventi mirati che possano sostenere gli studenti provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati, favorendo l’inclusione e la continuità educativa. Promuovere politiche che riducano le disuguaglianze e supportino l’ascensore sociale è fondamentale per garantire a tutti i giovani le stesse opportunità di successo e realizzazione personale.