Quando l’innovazione diventa “faticosa”

Che cos’è il fenomeno dell’Over Featuring e perché rischia di far fallire lo sviluppo di un prodotto.

Giacomo Marzi | ricercatore in management, Scuola IMT Alti Studi Lucca
Anton Nikolov https://uxplanet.org/design-principles-kiss-the-feature-creep-7eb84b09603f

Volevate scaldare una pietanza, impostare un programma rapido per il bucato in lavatrice o il navigatore per raggiungere in fretta un appuntamento. E invece vi siete trovati di fronte a una miriade di opzioni e impostazioni che vi hanno confuso, disorientato e, in sostanza, fatto perdere il tempo che intendevate risparmiare. Se vi è capitato, avete toccato con mano gli effetti di un fenomeno tanto esteso quanto ancora poco studiato, la cosiddetta “Feature Fatigue”, ovvero la difficoltà (la fatica – fatigue) sperimentata dall’utente nell’uso di prodotti e servizi “caricati” con un numero eccessivo di caratteristiche e impostazioni che li rendono, di fatto, difficoltosi da usare per svolgere il compito principale per cui sono stati progettati.

Aggiunte non richieste

Perché quindi tutte queste feature aggiuntive vengono aggiunte ai prodotti, quando l’utente, nella maggioranza dei casi, richiede solo lo svolgimento di un compito basilare? Le motivazioni possono essere molte, e avere origini diverse. Da un lato, la Feature Fatigue è uno degli effetti di un fenomeno che ha origine assai prima, durante il processo di sviluppo di un nuovo prodotto, quando forze contrastanti spingono per l’inclusione di feature aggiuntive che spesso portano a un beneficio marginale per l’utilizzatore finale. Tale fenomeno prende il nome di “Over Featuring” per indicare uno stato patologico del processo di sviluppo prodotti in cui l’estensione delle feature offerte va al di là di quanto è richiesto dagli utenti, oltre quanto era stato pianificato inizialmente nella scheda prodotto, o al di là delle effettive risorse allocate al progetto.

Il fenomeno dell’Over Featuring origina a sua volta dal concorso di vari fattori, spesso collegati tra loro. Può innanzitutto essere un tentativo di anticipare e facilitare le fasi future dello sviluppo di un prodotto.  Accade che nella definizione del concept di un prodotto vengano programmate caratteristiche aggiuntive e non strettamente necessarie per anticipare creare un margine di tolleranza per futuri re-design o re-styling. Philips, per esempio, ha commercializzato prodotti con caratteristiche silenti e/o non completamente sviluppate proprio per lasciare le porte aperte a future estensioni in base alle esigenze di mercato. Avere quindi un prodotto in cui è presente un certo margine di manovra per il futuro può essere positivo, anche se gli svantaggi da considerare sono la complessità aggiuntiva e i tempi di sviluppo più lunghi.

Effetto Ikea

Ma l’Over Featuring può originarsi anche in maniera inconsapevole, dalle buone intenzioni di chi è coinvolto nello sviluppo di un nuovo prodotto, project manager, ingegneri, sviluppatori e responsabili R&D. Un tipico esempio è l’attaccamento a un progetto, a una specifica tecnologia o a un particolare set di feature solo perché si è stati direttamente coinvolti nel processo di creazione e sviluppo. L’abbiamo sperimentato tutti con l’effetto IKEA, quello che ci fa sovrastimare il valore reale di un oggetto solo perché abbiamo impiegato tempo ed energie per crearlo. A noi quell’oggetto sembra bellissimo ed estramente utile, ma quando lo facciamo orgogliosamente vedere ai nostri amici, rimaniamo sorpresi del loro limitato entusiasmo. Questo semplice bias cognitivo si ripercuote su tutto il processo di sviluppo di nuovi prodotti ma è solo la punta dell’iceberg.

Spesso sono anche ragioni di marketing a orientare verso l’Over Featuring: prodotti ricchi di funzionalità seducono il consumatore, anche se poi si dimostrano poco maneggevoli nella vita di tutti i giorni. Sicuramente il fenomeno produce conseguenze importanti e tangibili: la NASA ha inserito l’eccesso di feature in fase di progettazione tra le dieci principali cause di fallimento nel processo di sviluppo di nuovi prodotti. Anche se non ci sono ancora risposte e soluzioni da indicare, la letteratura manageriale sottolinea un drastico crollo della componente ergonomica del prodotto legato all’accresciuta complessità di utilizzo. Possiamo sperimentare questo effetto tutti i giorni, quando non riusciamo a trovare quell’impostazione specifica nel nostro telefono, oppure quando ci perdiamo nella miriade di programmi della lavatrice. Di sicuro, avere un numero maggiore di feature porta con sé tempi di sviluppo più lunghi, costi di sviluppo più alti e, infine, un rischio maggiore di difettosità dovuto al numero elevato di funzioni, con un conseguente aggravio su tutti i processi di supporto e post-vendita.

In cerca della soluzione per non affaticare l’utente

Ci sono soluzioni per contrastare questo fenomeno da suggerire a manager e professionisti del settore? Ad oggi sfortunatamente non esiste uno strumento che sia capace di misurare, e quindi evitare, il proliferare di feature durante il processo di sviluppo prodotti o servizi. Negli anni sono stati sviluppati diverso approcci per gestire le difficoltà nel processo di sviluppo di prodotti, che possono essere suddivisi in tre grandi gruppi: metodi Stage-Gate, metodo Agile e metodo Ibrido. L’approccio Stage-Gate è un metodo lineare che suddivide un progetto in diverse fasi, o “gate”, ciascuna delle quali deve essere completata prima di passare alla successiva. Questo metodo offre un controllo rigoroso, ma può essere rigido e non è sempre il più efficiente quando si devono affrontare cambiamenti o imprevisti. Dall’altro lato, l’approccio Agile è più flessibile e adattabile, ideale per progetti con elevata incertezza o che necessitano di frequenti modifiche. Questo metodo enfatizza la collaborazione del team, l’apprendimento continuo, l’adattabilità e la revisione continua con il cliente. Tuttavia, può essere più complesso da gestire e richiede un elevato livello di coinvolgimento da parte di tutti i soggetti coinvolti. Nel mezzo, l’approccio ibrido combina elementi sia dell’approccio Stage-Gate sia di quello Agile. Un progetto potrebbe iniziare con una pianificazione e una definizione dei requisiti nello stile dello Stage-Gate, per poi passare a un approccio Agile per lo sviluppo e l’implementazione, che cerca di ottenere il meglio di entrambi i mondi, fornendo una struttura e un controllo iniziale, seguiti da flessibilità e adattabilità man mano che il progetto progredisce.

Gli approcci Stage-Gate, Agile o Ibridi gestiscono in maniera differente il processo di sviluppo, e presentano tutti e tre vantaggi e svantaggi, costi di coordinamento diversi e applicabilità diverse a seconda del contesto e dell’oggetto di sviluppo. In altre parole, non esiste un approccio migliore o peggiore al processo di sviluppo di nuovi prodotti: molto si gioca sul lato umano, spesso inconscio. Nell’attesa che la ricerca studi meglio il fenomeno e proponga soluzioni, manager e sviluppatori possono comunque mettere in atto degli atteggiamenti “correttivi”, per esempio prestare maggiore attenzione nel definire i confini di un progetto di sviluppo di nuovi prodotti. La lezione da tenere a mente è che sottovalutare la complessità di utilizzo di un prodotto – il disallineamento tra quanto è davvero utile all’utente e quanto viene offerto dal prodotto in termini di feature – non è l’unica ma sicuramente una delle principali cause di fallimento dei nuovi prodotti.

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