Se pensiamo alla poesia, è probabile ci vengano in mente ricordi di aule scolastiche, magari antologie poderose studiate con poco trasporto, il colle di Leopardi, la Divina Commedia, il Foscolo, l’Ariosto… Difficilmente la mente assocerà la poesia a un pub, un jazz club, o un centro sociale. Eppure, da qualche decennio, poeti di ogni età ed estrazione sociale riempiono i locali in tutto il mondo proprio sfidandosi a colpi di versi. Queste serate si chiamano “poetry slam” o più semplicemente “slam”: vere e proprie competizioni in cui i poeti gareggiano a colpi di performance con i propri componimenti. In occasione de “La notte Europea delle ricercatrici e dei ricercatori”, la Bright Night, a settembre, anche la Scuola IMT ospiterà un poetry slam: per l’occasione, a tema scientifico. Intanto, vi raccontiamo la sua storia.
Questa forma di arte e spettacolo nasce da un’idea di Mark Kelly Smith, un ex-operaio e poeta americano, che negli anni Ottanta del secolo scorso ha iniziato a organizzare serate di open-mic al jazz club Get Me High Lounge di Chicago, invitando gli artisti a portare sul palco e declamare secondo il loro stile poesie scritte da loro. Le serate di reading hanno poi preso la forma di vere e proprie sfide, spostandosi nel Green Mill Tavern, altro jazz club di Chicago dove tuttora si tengono serate di poetry slam. Da allora la scena slam non ha mai smesso di crescere: ha contagiato prima tutti gli Stati Uniti e poi, un locale alla volta, il resto del mondo.
In Italia il primo poetry slam è stato organizzato nel 2002 dal poeta e performer Lello Voce nel contesto del festival Romapoesia. Nel 2013 è poi nata la Lega Italiana Poetry Slam (LIPS), che si occupa di riunire poeti e collettivi sparsi sul territorio, e di coordinare l’organizzazione dei tornei regionali che confluiscono nel torneo nazionale che ogni anno elegge i rappresentanti dell’Italia ai tornei internazionali. Piccola nota patriottica: l’Italia vanta 3 campioni della Coupe du Monde che si svolge ogni anno a Parigi: Giuliano Logos, Lorenzo Maragoni e Filippo Capobianco. Negli anni i tesserati LIPS sono aumentati, e soprattutto dal 2022 con la possibilità di tornare ad abitare i luoghi pubblici dopo la pandemia, è cresciuto esponenzialmente il numero di eventi organizzati in tutta Italia tra poetry slam, open-mic, serate tematiche e spettacoli. Un segno di quanto le persone abbiano voglia di tornare a fare comunità, e di quanto la slam poetry possa essere un mezzo potente di connessione e condivisione: da passatempo per topi di biblioteca, la poesia diventa un modo di passare il venerdì sera con gli amici. Era lo scopo dichiarato di Mark Kelly Smith, restituire la poesia alle persone comuni: “abbiamo bisogno di parlarci poeticamente tra noi. È il modo che abbiamo per comunicare i nostri valori, i nostri cuori e tutte le cose che abbiamo imparato e che ci rendono quello che siamo”.
La partecipazione è “semplice” e democratica. Chiunque può impersonare i propri testi in una serata di poetry slam. Il pubblico si trova di solito vicinissimo al poeta (o slammer, come viene definito tra i frequentatori), immerso in un contesto raccolto, quasi familiare, dove i poeti si mischiano agli spettatori tra una birra e l’altra e la vicinanza, fisica oltre che emotiva, non raffredda il dialogo tra le parti. In questo contesto, la poesia prende forme e sostanze nuove per ogni persona che si avvicina al microfono, non ha bisogno di parafrasi o registri linguistici sconosciuti: vuole farsi sentire prima che capire.
La meraviglia è la sensazione che di solito si prova a uno slam, la meraviglia non sapere cosa succede finché non si è concluso, la meraviglia di uno spettacolo che non si ripeterà mai uguale, anche perché le persone stesse che partecipano costruiscono la serata mentre accade, scegliendo se recitare questo o quel pezzo. La meraviglia dello stupore continuo nel vedere alternarsi sul palco testi sulla morte, di denuncia sociale, struggimenti d’amore, commedie politiche, poesie su come inzuppare i biscotti nel caffè o di quanto sia bello ballare la techno, poesie erotiche, poesie comiche, poesie in rima o in versi sciolti, poesie sussurrate o poesie urlate, pezzi di canzoni, pezzi rappati, persone che saltano, persone che stanno immobili, persone che fanno quello che vogliono.
Il poetry slam è però anche una gara, con delle regole: i testi devono essere scritti dalla persona che li porta sul palco, il tempo per la performance è di tre minuti al massimo, è possibile usare solo corpo e voce, niente oggetti o costumi di scena. Sono tre regole semplici e per la riuscita della serata possono alla fine anche essere infrante, perché la verità è che della competizione non importa ai poeti, come dice ancora Marc Kelly Smith: “il punto non sono i punti, il punto è la poesia”.
A fare da giuria è il pubblico, i giurati vengono sorteggiati tra chi assiste, le performance vengono valutate con un voto da uno a dieci, non ci sono criteri oggettivi, conta solo il proprio gusto personale. Il resto del pubblico ovviamente non deve restare in silenzio, ma anzi far sentire il proprio disappunto per un voto che ritiene basso o a esultare per un dieci più che meritato. Insomma, a un poetry slam non si può assistere, si può solo partecipare.
Sappiamo dai tempi della scuola che per i Greci andare a teatro era un momento catartico, per tutte le persone, non solo quelle più erudite, e che le opere erano costruite in modo da poter essere apprezzate da tutti. Partecipare a un poetry slam, sia da slammer sia da spettatore, è forse quanto di più simile a quella sensazione abbia mai provato. Se il poetry slam vi ha incuriosito, prestate attenzione al programma della Bright Night, in arrivo all’inizio di settembre!