Diceva Aristotele che l’essere umano è un “animale razionale”. E nel corso della storia molti filosofi hanno condiviso questa visione ottimistica, anche se alcuni hanno sottolineato debolezze e vicoli ciechi del pensiero umano. Solo negli ultimi cinquant’anni, però, le scienze cognitive hanno cominciato a studiare sperimentalmente la razionalità e l’irrazionalità umana. Psicologi, economisti e neuroscienziati hanno raccolto dati su come di fatto ragioniamo e prendiamo decisioni, sia sul lavoro sia nella vita quotidiana. E questi studi ci mostrano che spesso non siamo affatto razionali, ma vittime di distorsioni cognitive (i cosiddetti bias) che ci spingono a fare scelte e ragionamenti scorretti o inefficienti. Queste trappole mentali riguardano non solo i profani ma anche gli esperti (scienziati, medici, giudici, politici, consulenti, ecc.) e gettano un’ombra di pessimismo sulla possibilità dell’essere umano di migliorare se stesso e la società in cui vive usando la propria ragione. D’altra parte, la conoscenza sempre più accurata che abbiamo della nostra mente e delle sue strategie spontanee di ragionamento e decisione (le cosiddette euristiche) ci permette di usare contromisure e strumenti cognitivi per evitare le trappole e migliorare le nostre decisioni. Il gruppo di ricerca MInD alla Scuola IMT studia sia la teoria sia la pratica del ragionamento umano, al fine di comprendere e migliorare le nostre decisioni e il loro impatto sulla società. Nei video di “Pillole di razionalità” vi proponiamo alcuni spunti di riflessione.
Per decidere su molte questioni del complesso mondo contemporaneo – fare un vaccino, scegliere un corso di studi, modificare i nostri comportamenti per contrastare il cambiamento climatico – dobbiamo fidarci di quello che ci dicono gli esperti, visto che non possiamo essere noi stessi “esperti” di tutto. Pare scontato. Ma a rifletterci meglio, questa affermazione è molto meno banale di quanto appaia a prima vista.
Innanzitutto perché, quando ci fidiamo degli esperti, non ci fidiamo di singole persone, ma piuttosto di un’intera comunità (quella scientifica) e della sua “infrastruttura”, basata su regole spesso non esplicitate o non sempre evidenti al pubblico, che riguardano per esempio la costruzione del consenso, oppure le modalità con cui vengono prodotti e resi pubblici i risultati della ricerca scientifica, o ancora meccanismi del tutto estranei alla scienza e tipici invece dei media e della comunicazione.
Insomma, dobbiamo fidarci degli esperti a patto che… siano davvero esperti. Ma come giudicarlo? E come comportarsi quando gli esperti sono in disaccordo? Guarda il video per approfondire questo apparente paradosso.