Le 15.799 imprese multinazionali a controllo estero presenti sul territorio italiano rappresentano appena lo 0,4 per cento delle imprese residenti del nostro paese, eppure occupano oltre un milione e mezzo di addetti e pesano per il 16,3 per cento del valore aggiunto prodotto a livello nazionale. Ma soprattutto le multinazionali a capitale estero si distinguono per una significativa propensione a innovare: nel 2019 hanno investito complessivamente 4,3 miliardi di euro, pari al 26 per cento del totale della spesa per la ricerca privata realizzata in Italia. Questi sono solo alcuni dei dati più significativi che emergono dal Rapporto “Le imprese estere in Italia e i nuovi paradigmi della competitività”, realizzato dall’Osservatorio imprese estere in collaborazione con Istat e con la Scuola IMT, appena diventata partner ufficiale dell’Osservatorio per la promozione di progetti di ricerca congiunti.
L’Osservatorio Imprese Estere (OIE) nasce infatti nel maggio 2021, su iniziativa del gruppo tecnico Investitori Esteri di Confindustria proprio per raccogliere dati sulle imprese estere in Italia e valutare l’impatto della loro presenza sul territorio, sotto il profilo economico, ambientale, sociale.
Complessivamente, il Rapporto, pubblicato lo scorso marzo, evidenzia come per le loro caratteristiche di struttura organizzativa, di governance, di dimensioni e di solidità patrimoniale, di investimento in asset intangibili (innovazione, R&S, capitale umano e capacità di trainare il territorio), le imprese multinazionali estere siano particolarmente reattive di fronte ai cambiamenti strutturali legati alla transizione ecologica. Specie le grandi imprese estere manifatturiere risultano particolarmente orientate all’adozione di azioni e comportamenti che determinano un livello di sostenibilità ambientale elevato, superiore (+7,9 per cento) a quello delle altre tipologie di impresa.
Nello scenario economico attuale, le catene globali del valore sono l’articolazione più diffusa del processo produttivo: le multinazionali si localizzano in luoghi diversi a seconda dei vantaggi competitivi propri di ciascun paese. Nel caso italiano, le imprese estere scelgono il nostro paese per puntare su segmenti di filiera ad alto contenuto di valore aggiunto, complementari ai settori manifatturieri che rappresentano la tradizione storica nazionale. Le piccole e medie imprese all’interno della filiera risultano così inserite in un più ampio network produttivo. Le imprese estere, dunque, sono importanti alleati delle piccole e medie imprese che caratterizzano la struttura produttiva italiana e rappresentano un patrimonio importante per l’intero paese.
Le evidenze che emergono dal rapporto forniscono un quadro descrittivo che può contribuire in maniera costruttiva al dibattito sugli investimenti esteri in Italia. L’opinione pubblica, infatti, spesso tende a non vedere di buon occhio l’acquisizione straniera di aziende italiane, considerandola quasi una svendita della nostra migliore tradizione industriale, e quindi una perdita per l’intero Paese. Al contrario, gli investimenti esteri e la presenza di imprese a capitale estero sul territorio sono un importante sostegno alla crescita del sistema produttivo e dell’intera economia, non solo grazie all’afflusso di capitali. Le imprese multinazionali a capitale estero, infatti, per loro natura investono con una visione di più lungo termine, favorendo così l’utilizzo di risorse finanziarie per progetti innovativi che richiedono più tempo per ottenere risultati. Inoltre, le multinazionali, specie quelle a capitale estero, sono caratterizzate da una forma di governance di tipo manageriale, più complessa rispetto al modello tradizionale.
Pertanto le risorse per l’innovazione si combinano con processi gestionali moderni e le relazioni con il territorio favoriscono spillover tecnologici e di produttività, grazie alla diffusione di conoscenze, competenze e innovazione tecnologica. Inoltre, la gestione manageriale dei processi che caratterizza le multinazionali consente di definire concretamente le pratiche organizzative, le best practices, attraverso cui viene suddiviso il lavoro tra le imprese e gli altri attori coinvolti e di trasmetterle all’interno delle reti in cui operano.
L’attività dell’Osservatorio e il coinvolgimento della Scuola in questa, rappresenta un ulteriore tassello per l’importante opera di attrazione e retention di investitori esteri che, specialmente in questo periodo di instabilità e incertezza, può aiutare l’Italia a risollevarsi dalla crisi post-pandemica che stiamo attraversando.