Si dice che la letteratura è lo specchio della società: i libri parlano – direttamente o indirettamente – del mondo in cui sono stati scritti. E allora forse non è una sorpresa scoprire che scrittori uomini e donne si sono sempre più avvicinati nel corso dei secoli rispetto al loro modo di scrivere e raccontare le emozioni. Molto più sorprendente è vederlo dimostrato, dati alla mano, da un imponente lavoro che grazie agli algoritmi di intelligenza artificiale per l’elaborazione del linguaggio naturale ha analizzato migliaia di libri scritti negli ultimi trecento anni. Giada Lettieri, ricercatrice in neuroscienze alla Scuola IMT, ha realizzato con colleghi del MoMiLab uno studio della letteratura dal ‘700 ai giorni nostri per individuare eventuali cambiamenti nel corso del tempo in come autori di sesso maschile e femminile fanno esperienza e raccontano le emozioni.
Molti studi di psicologia e neuroscienze hanno identificato differenze significative nel modo in cui uomini e donne vivono, riconoscono, esprimono e reagiscono alle emozioni. Parecchie di queste differenze sono state attribuite alla “biologia”. Ma molti altri studi riconoscono che cultura e società giocano un ruolo altrettanto forte. A tre anni di età, per esempio, bambine e bambini sono già influenzati da stereotipi riguardanti il modo di esprimere le emozioni. In diversi studi è stato mostrato come i bambini di sesso maschile percepiscano gli altri bambini maschi più arrabbiati rispetto alle femmine, che vengono invece viste come più tristi. Tuttavia, è ancora oggetto di dibattito quanto le differenze tra i sessi siano il risultato di stereotipi e regole sociali, e quanto siano invece innati. Lettieri e il suo gruppo di studio hanno pensato di esplorare questo terreno analizzando il modo in cui autori e autrici di diverse epoche e nazionalità hanno scritto di emozioni.
Il primo passo della ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Affective Science, è stato creare un enorme database di letteratura – romanzi, racconti, storie brevi, autobiografie – pubblicata tra il 1719 e il 2020, in inglese come lingua originale, o tradotta in inglese da altre lingue, da 116 paesi del mondo. In totale, sono stati selezionati 2.281 libri scritti da 1.365 autori, di cui 871 maschi e 494 femmine. I libri sono stati individuati attingendo alle liste di scrittori considerati “classici”, che hanno ottenuto importanti premi, oppure che hanno ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Nel database si trovano autori e libri che vengono considerato il meglio della narrativa mondiale degli ultimi tre secoli. Per fare qualche esempio, si va da Marcel Proust a Bruce Chatwin, da Charles Dickens a Carlo Collodi, da Elsa Morante a Italo Calvino, e ancora Paolo Cognetti, Toni Morrison, Sophie Kinsella, Madeleine Miller, per citare autrici dei giorni nostri.
Grazie a tecniche di modellazione per l’elaborazione del linguaggio naturale, è stata poi effettuata un’analisi del testo: le parole sono state suddivise in categorie in base alle loro proprietà, per esempio termini che descrivono oggetti, gruppi sociali, oppure che indicano tempi o luoghi, e poi è stata analizzata la loro valenza emotiva. Ad esempio, “cioccolato” viene valutata come una parola a valenza positiva, al contrario di “incidente”, termine associato a un significato più negativo. Dopo questo lavoro di categorizzazione, è stato individuato un sottoinsieme di parole che, da precedenti ricerche, mostrano una differenza significativa nell’uso tra i sessi o un cambiamento significativo di valenza nel periodo storico considerato.
Dall’analisi è risultato che se, fino a tutto il Novecento, in tutti i paesi sono più le donne degli uomini a scrivere di emozioni, a partire dagli anni Duemila questa differenza si assottiglia notevolmente. “All’inizio del periodo preso in considerazione, le donne scrivevano di più di emozioni positive, mentre gli uomini parlavano delle emozioni in un modo che in gergo si definisce ‘attivante’, ovvero uno stato di eccitazione psicofisiologica legato alla preparazione fisica all’azione”, osserva Lettieri. “Successivamente, e in modo marcato a partire dagli anni Duemila, questa differenza è diminuita notevolmente”. Come infatti riscontrato nello studio, le opere pubblicate nei giorni nostri ottengono un punteggio di valenza del tutto simile, ovvero 5.33 per scrittori e scrittrici. Insomma, uomini e donne sono arrivati a scrivere in modo molto più simile rispetto alle emozioni di quanto avveniva in passato.
“Se è vero che i romanzi riflettono la condizione dell’uomo e della donna nella società, l’osservazione che si può fare è che la donna non scriveva in epoche passate di temi ed eventi cui non aveva accesso, come la guerra; l’uomo, d’altra parte, non poteva scrivere di emozioni perché nella società gli era impedito di esprimerle e mostrarle”. A conferma del fatto che il progresso delle società avvicina uomini e donne dal punto di vista di quello che provano ed esprimono, scrittori e scrittrici si sono allineati nel modo di raccontare sulla pagina le emozioni: si scrive quello che si vive.