Anche le scimmie (e non solo) decidono come noi

Un filone di ricerca indaga sui bias cognitivi come l'"effetto esca" negli animali.

Immaginate di dover comprare un nuovo telefono di cui sono disponibili tre modelli diversi. Uno dei tre, il più costoso, è andato esaurito, e dunque non potete acquistarlo. Resta da scegliere tra gli altri due: uno è più costoso e più vicino come modello a quello sold out; l’altro ha le caratteristiche che desiderate, costa meno, ed è però più lontano come modello da quello terminato. Per la maggior parte delle persone, se poste di fronte a questa scelta, lo smartphone simile a quello esaurito diventa l’opzione più attraente e viene acquistato con maggiore frequenza, anche se il terzo a disposizione ha caratteristiche simili e costa meno. È un meccanismo ampiamente sfruttato nell’ambito del marketing, e chiamato “effetto esca”.

Razionali, ma non troppo

Le teorie economiche tradizionali su come gli esseri umani prendono decisioni ci dicono che le preferenze delle persone sono coerenti e indipendenti dal contesto in cui vengono compiute le scelte. In pratica, nell’esempio dei telefoni appena descritto, aggiungere il modello non disponibile alle opzioni tra cui scegliere non dovrebbe fare alcuna differenza. Invece, una ormai corposa tradizione di ricerche in psicologia, ben sfruttata dagli esperti di marketing per orientare i consumi, sostiene che gli esseri umani non decidono in maniera razionale, e che le decisioni sono altamente influenzabili dal modo e dal contesto in cui le scelte vengono poste. Il processo decisionale è per esempio distorto in maniera sistematica dalle cosiddette opzioni “esca”, vale a dire opzioni che vengono presentate tra le alternative tra cui scegliere, ma che dovrebbero essere irrilevanti ai fini delle nostre decisioni perché non disponibili oppure perché di qualità inferiore rispetto alle altre alternative. Per fare un altro esempio concreto, è come nel caso dei popcorn al cinema: la confezione “media” che costa poco meno di quella “grande” ci fa decidere per l’acquisto di quest’ultima, anche se nelle intenzioni iniziali ci bastava la misura “piccola”.

Anche i cebi ci cascano

Ma gli esseri umani non sono gli unici a “subire” questi meccanismi. Perfino animali molto più lontani da noi nella linea evolutiva compiono scelte che potrebbero essere definite irrazionali se giudicate col principio della massima utilità. Uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Animal Cognition , e di cui è primo autore Marco Marini, ricercatore in scienze cognitive alla Scuola IMT, ha mostrato che anche le scelte di alcune specie di scimmie sono influenzate da opzioni che, razionalmente parlando, sarebbero irrilevanti. Lo studio, condotto in collaborazione con ricercatori dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR (ISTC-CNR) di Roma, ha verificato per la prima volta la presenza del cosiddetto “effetto esca” in una specie di primati non umani, piccole scimmie sudamericane chiamate cebi dai cornetti. Un’altra ricerca recente dello stesso gruppo aveva per la prima volta mostrato in modo convincente che tra le scimmie cappuccine l’aggiunta di un’opzione esca influenza in modo considerevole la scelta del cibo.

La nuova ricerca ha aggiunto nuove evidenze empiriche, esaminando l’impatto sulle preferenze alimentari dei cebi dai cornetti di due tipi di esche: quelle “asimmetricamente dominate”, vale a dire opzioni che, pur essendo disponibili, sono palesemente inferiori a una delle altre alternative presenti nel contesto di scelta diventando di fatto irrilevanti (come l’aggiunta di una mela marcia nella scelta tra una mela e una pera); e le cosiddette opzioni “fantasma”, alternative apparentemente disponibili, ma che nella realtà non sono accessibili (il caso dello smartphone andato esaurito). Entrambe queste categorie di opzioni hanno dimostrato di influenzare in modo significativo le preferenze alimentari delle scimmiette, indipendentemente dalla loro reale disponibilità. “La presenza di queste distorsioni cognitive nelle scelte, oltre a evidenziare importanti parellismi sottesi alla presa di decisione in queste specie, solleva numerose domande sulla natura della cognizione animale”, osserva Marini.

Decisioni bestiali

I due studi citati colmano un vuoto. Finora, mancavano dati convincenti sul come animali vicini a noi in linea evolutiva scelgono e prendono decisioni. Mentre è stato molto più indagato il processo decisionale di altri animali, nell’ottica di comprendere le origini evolutive e il significato adattivo di questi comportamenti. Ci sono evidenze che la presentazione del contesto può modificare la scelta anche di molte altre specie. I cani, per esempio, subiscono come noi l’effetto esca. In un esperimento, a un gruppo di cani è stata posta la scelta tra un pezzetto di hot dog posto alla fine di un passaggio piuttosto largo, oppure cinque pezzetti di hot dog posti alla fine di un passaggio più stretto, di cui i cani hanno generalmente paura. Per i cani, che sono in grado di riconoscere la quantità di cibo con la vista e con l’olfatto, la quantità maggiore è sicuramente quella desiderabile. Ma se viene aggiunta un’opzione “esca”, vale a dire cinque pezzetti di hot dog posti alla fine di un passaggio ancora più stretto, la preferenza per l’opzione “cinque fette ma passaggio stretto” aumenta rispetto alla situazione in cui l’opzione esca non è presente. Ma perfino specie “insospettabili” come gli insetti non sembrano affatto immuni. Nelle api, l’aggiunta di un terzo fiore come “esca”, modifica la preferenza mostrata tra due fiori che contengono una soluzione di zucchero. Secondo diversi altri studi, lo stesso meccanismo di influenza del contesto sulle scelte è all’opera anche in alcune specie di uccelli, di rane, e perfino di organismi unicellulari come le muffe.

“Il modo in cui prendiamo decisioni è ancorato all’interno di un processo evolutivo iniziato milioni di anni fa”, dice ancora Marini. “Nonostante ci riteniamo del tutto razionali, compiamo errori di ragionamento che si ritrovano del tutto simili in altre specie”. La scelta del popcorn di taglia grande o del telefonino più caro, insomma, viene da lontano.

Chiara Palmerini

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