Anche il Medioevo aveva i suoi “professionisti del futuro”

Un progetto di ricerca indaga sul concetto di tempo e di previsioni dell’epoca.

Arturo Iannace | ricercatore in storia medievale, Scuola IMT Alti Studi Lucca
Miniatura dello zodiaco, dal Breviari d’amour, cortesia British Library, Yates Thompson 31, f. 48v

Tutti noi abbiamo sentito almeno una volta il famoso verso di Lorenzo de’ Medici, il quale affermava che “del doman non v’è certezza”. Lorenzo scriveva nel XV secolo, in un periodo attraversato dai grandi fermenti culturali dell’Umanesimo e del Rinascimento, che stavano rapidamente mutando i modi di pensare e di agire delle persone. Un periodo di trapasso tra quello che un grande storico del XX secolo, Johann Huizinga, definì, riferendosi al XIV secolo, come ‘Autunno del Medioevo’, e la prima alba di quella che noi oggi definiamo ‘Età Moderna’.

Ma l’incertezza del domani non è certamente una novità del Rinascimento. Nei mille anni circa che convenzionalmente riuniamo sotto il termine di Medioevo, il tempo, e la sua relazione con la vita degli esseri umani, è stato oggetto d’intenso interesse. Gli intellettuali del Medioevo – storiografi, giuristi, teologi, filosofi – sia che si trovassero a meditare sulle rive del Mediterraneo oppure a scrivere nelle trafficate città della Persia e dell’Asia Centrale, hanno voluto (o, forse, dovuto) confrontarsi con l’idea di futuro, con la sua inerente inconoscibilità, e con i modi e gli strumenti che promettessero, in qualche modo, di svelarlo, di prevederlo, e in un certo senso di controllarlo. E non solo i “colti”: anche le persone comuni erano ovviamente, come in ogni epoca, costrette a fare i conti ogni giorno con l’incertezza del futuro.

Strumenti di predizione

Proprio il concetto medievale del tempo, e gli strumenti con cui all’epoca ci si rapportava alla previsione del futuro, è al centro del progetto di ricerca Social, Political, and Religious Prognostication and its Roots. Philosophical Strategies for Coping with Uncertainties and Planning the Future, finanziato con un bando PRIN del Ministero dell’Università e della Ricerca. Il rapporto con il tempo non è certo un tema marginale. Come scrive il grande storico del Medioevo Aron Gurevič, “esistono pochi altri indici che caratterizzino a tal punto l’essenza di una cultura quanto la concezione del tempo. In essa s’incarna, e ad essa è collegata la percezione che l’epoca ha del mondo, la condotta degli uomini, la loro coscienza.” In più, oggi come in passato, i metodi per anticipare il futuro condizionano l’intera società civile, le sue interazioni e la sua amministrazione, conferendo una speciale legittimazione agli “specialisti della previsione del futuro”. Il progetto, che coinvolge ricercatori di cinque università (Trento, Foggia, Firenze, Pisa, e la Scuola IMT),  prende in esame vari campi d’indagine connessi alla percezione medievale del tempo, dall’importanza sociale delle tecniche predittive fino all’impatto politico delle cosiddette “grandi congiunzioni” astrali, e alla profezia e alla scienza come strategie per la gestione politica e sociale nelle tradizioni islamica e giudaica. Un elemento caratterizza l’intero progetto: l’interesse rivolto a tradizioni culturali e religiose diverse – cristiane, islamiche, o ebraiche – sullo sfondo della cultura classica greco-romana, che spesso le influenzò tutte e tre. Sarebbe infatti impossibile, studiando una cultura, ragionare per  ‘compartimenti stagni’, a maggior ragione quando la cultura studiata si affaccia su quel mondo di traffici e scambi d’idee che fu il Mediterraneo medievale. Per avvicinarsi al tema del futuro, e della sua previsione, esisteva una grande varietà di approcci, testimoniata dai molti campi di indagine previsti dal progetto.

Il profeta come ponte

Il Medioevo, come del resto  tutte le epoche della storia umana, ha visto l’affermarsi di una miriade di “specialità professionali” del settore”: astrologi, profeti, geomanti, eretici, e persino filosofi. E la lista non è esaustiva. Tutte personalità accomunate da un elemento: l’utilizzo di conoscenze e strumenti specifici con l’obiettivo di assicurare ai propri utilizzatori una comprensione, sia pure parziale, del futuro, ciascuno con un proprio focus altrettanto specifico. A questo proposito, la figura del profeta – che vogliamo prendere in considerazione più nel dettaglio, anche perché costituisce una delle parti del progetto sui cui è maggiormente impegnata la Scuola IMT – è altamente esemplificativa. Non solo perché presente in tutte e tre le tradizioni culturali e religiose prese in considerazione, ma perché specialista in una ‘tipologia di futuro’ specifica. Se gli astrologi e i geomanti possono essere visti retrospettivamente come una sorta di versione medievale de “gli economisti ed i medici di oggi”, come ha affermato Alessandro Palazzo, direttore del progetto, il profeta è una figura più difficilmente inquadrabile, ma non per questo meno significativa. Vero e proprio ‘ponte’ (ancorché inconsciamente) tra tradizioni lontanissime nel tempo, il profeta medievale si situa all’interno di una ‘genealogia’ di profeti le cui prime tracce si rinvengono nella tradizione religiosa e culturale della Siria e della Mesopotamia dell’Età del Bronzo (profeti sono attestati, con funzioni addirittura ufficiali e riconosciute dal sovrano e dalla classe sacerdotale, ad Ebla e Mari, due delle più antiche città della regione). Ma ponte il profeta medievale lo è anche consapevolmente. Lo è tra la tradizione profetica più nota e rilevante, quella dell’Antico Testamento, e i tempi a lui contemporanei. Questa affermazione resta valida per tutte e tre le tradizioni monoteistiche.

Versioni dell’apocalisse

La connessione tra passato e futuro è talmente forte all’interno dell’elemento profetico che l’uno finisce per sostenere l’altro, l’uno finisce per prefigurare l’altro, o, più semplicemente, per attestarne la veridicità. Questa connessione si manifesta nel modo più potente e significativo all’interno di un genere letterario molto peculiare, che nel Medioevo sperimentò una grandissima fortuna: quello dell’apocalittica. Quando si parla di Apocalisse non si può non pensare all’omonimo testo canonico del Nuovo Testamento, attribuito a Giovanni. L’Apocalisse di Giovanni esercitò un’influenza fortissima lungo tutto il Medioevo e oltre, ma non fu l’unico testo apocalittico in circolazione, e non costituisce neppure l’unico o il primo testo apocalittico all’interno della Bibbia cristiana. Questo posto d’onore spetta al libro del profeta Daniele, e in particolare alla sua seconda parte, in cui il profeta entra in contatto con un angelo che gli mostra lo svolgersi di eventi futuri.

Non a caso, quindi, all’autorità del profeta Daniele si rifà una vera e propria galassia di testi, spesso, ma non esclusivamente, di origine greca e siriaca, conosciuti tra gli studiosi come testi ‘pseudo-danielici’, appunto. E non è ancora un caso se uno dei più importanti tra di essi, in un certo senso il capostipite della famiglia, l’Apocalisse dello Pseudo-Metodio (così detta perché ritenuta opera di Metodio, vescovo di Patara, agli inizi del IV secolo; in realtà si tratta di un testo di VII-VIII secolo), affronta il tema della storia futura tracciando un quadro dell’intera storia del mondo, dalla creazione fino, appunto, al futuro.

L’autore di questo testo estremamente affascinante scrive in un periodo di grandi rivolgimenti politici: è il tempo delle invasioni arabe, della rottura definitiva del mondo antico attraverso la perdita delle province orientali dell’Impero Romano d’Oriente e l’annientamento del suo grande rivale, l’Impero sasanide di Persia; è il periodo in cui una nuova religione monoteista, l’Islam, prorompe per la prima volta sulla scena mondiale, lanciando il suo guanto di sfida a un Cristianesimo che, fino ad allora, e sotto la protezione del governo imperiale, si riteneva ormai trionfante. Quando lo Pseudo-Metodio mette mano alla stesura della sua apocalisse, quindi, l’incertezza è pressoché totale, e i principali punti di riferimento della visione dell’uomo mediterraneo antico stanno letteralmente crollando.

Ieri come oggi: in lotta contro l’incertezza

Qual è la soluzione che questo autore trova a tale terribile incertezza? È, come è stato accennato poco sopra, una visione profetica, che parte da un passato ‘noto’ (ma, per noi lettori di oggi, estremamente fantasioso) a un futuro che cessa di essere ignoto e diventa anch’esso noto proprio perché inquadrato all’interno di una specifica storia dell’Universo, quella stabilita fin dalle origini da Dio stesso. Si tratta di un esempio paradigmatico del ruolo della profezia rispetto al futuro, e del suo campo specifico d’azione. L’invasione arabo-islamica è, allo stesso tempo, un evento politico, militare, e religioso/culturale. E l’Apocalisse dello Pseudo-Metodio offre una profezia che è, allo stesso tempo e nello stesso modo, politica, militare (prefigurando la vittoriosa controffensiva dei Romani d’Oriente) e religioso/culturale (annunciando la fine del mondo terreno, e il finale ritorno trionfale di Cristo).

L’Apocalisse dello Pseudo-Metodio fu scritta in siriaco, ma fu ben presto tradotta in greco, lingua in cui giunse ad influenzare, come detto, un’intera famiglia letteraria, i cui temi si diffusero all’interno della tradizione latina-occidentale, da un lato, e di quella islamica, dall’altro. Ma la profezia e l’apocalittica costituiscono solo uno dei molteplici strumenti che i nostri predecessori medievali avevano a disposizione per affrontare le nebbie incerte del futuro che si parava dinanzi a loro. Strumenti utili quando si trattava di affrontare grandi tematiche politiche e religiose, profezia ed apocalittica diventavano forse un po’ “ingombranti” quando invece si trattava di operare sulla vita dell’individuo, sulle piccole e grandi scelte del quotidiano. Ed ecco qui entrare in gioco astrologia, numerologia, geomanzia, e tante altre “scienze” del futuro, nonché i picchi elevati della speculazione filosofica. Altrettante galassie in un ricco universo connesso da un fil rouge importante, allora come oggi: dare alle persone qualche possibilità in più, non importa quanto labile, nella lotta senza fine contro l’incertezza.

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